E’ necessario premetter che il territorio antropizzato è di per sé un luogo pubblico: la città è pubblica, mai un puzzle di tessere private. Ogni pianificazione organica delle modificazioni del territorio, in particolare delle infrastrutture e dell’attività edificatoria, deve trarre ragione dalla convinzione che la città deve essere e rimanere una cosa pubblica. Jesolo e la sua espansione edificatoria hanno legittimità lontane: da una parte il Piano regolatore del 2000 e più di recente i Piani Casa approvati dalla Regione che di fatto hanno sottratto ai Comuni la facoltà di progettare la loro città.

Jesolo ha acquisito modernità, richiamato l’interesse e le opere di eminenti urbanisti, si è innalzata, ma l’espansione edificatoria concessa rischi ora di minarne la sostenibilità complessiva, quasi a farne una città stressata. Si tratta di prendere coscienza che questo processo edificatorio ha subito una distorsione e va dunque profondamente corretto. La Pubblica amministrazione deve tornare ad avere la facoltà di governare, in concorso con il privato, le progettazioni dei comparti nel rispetto del principio e dell’obiettivo della città pubblica. Va abbandonato il pensiero che pur di rivalutare un terreno o un’area si deroghi alla sostenibilità ambientale e sociale e anche il pensiero della facile monetizzazione del verde, dei parcheggi, là dove sono invece necessari per offrire spazi pubblici, attrezzati, capaci di dar respiro e vita buona, sociale, a residenti e ospiti.